Nello sport tutti possono commettere
errori a causa di false opinioni o luoghi comuni privi di fondamento
scientifico. Anche nel calcio sono molti i pregiudizi che inducono a
comportamenti sbagliati e spesso pericolosi. Eccone dieci da chiarire.
- Non bisogna bere durante gli allenamenti: falso e
pericoloso.
Durante lo sforzo il corpo si surriscalda e l'evaporazione del sudore lo
raffredda. Se si suda in un giorno ventoso si avverte subito freddo sulla
pelle, perché il vento favorisce l’evaporazione del sudore che a sua
volta sottrae calore al corpo.
Se non si beve il fisico non reintegra l’acqua persa col sudore e,
disidratandosi, tende a surriscaldarsi. Bisogna bere durante e dopo gli
allenamenti. Una perdita d’acqua superiore al 3% del peso corporeo, oltre
a creare problemi di raffreddamento, riduce la performance fisica.
- La carne fornisce energia per la partita: falso.
La carne aiuta a reintegrare proteine e minerali (tra cui il ferro), ma non
fornisce l’energia che il calciatore utilizza durante una partita di
calcio.
Sono gli zuccheri, che vanno ingeriti nel pasto pre partita (pasta, pane,
riso, dolci privi di creme, marmellata...) a dare sostegno al corpo. Il menù
ideale è a base di pasta asciutta, patate bollite, crostata di marmellata
da mangiare due ore e mezza - tre ore prima del fischio di inizio.
- Il vino rosso fornisce energia: vero in parte.
Il vino è sicuramente un apportatore di calorie, ma l’alcol in esso
contenuto è controindicato per l’atleta, soprattutto quando si avvicina
l’evento agonistico.
- Sudare fa dimagrire: falso.
Sudando si perdono solo acqua e sali e non il grasso sottocutaneo, vera
causa del sovrappeso.
Dieta ed esercizio fisico aiutano a dimagrire, mentre giubbotto di plastica
o piumini indossati d’estate rischiano solo di farci stare male (colpo di
calore). Bisogna allenarsi con abbigliamento ridotto durante i mesi estivi e
reintegrare i liquidi sorseggiando acqua o normali prodotti in commercio con
tale scopo.
- Con la febbre è bene fare una corsetta: falso.
Quando il corpo si trova in uno stato febbrile a riposo (non dopo una
partita) significa, normalmente, che è affetto da una malattia virale o
batterica. Lo sforzo fisico può solo complicare la malattia, ma non
guarire.
- Il giocatore non ha bisogno di vaccinarsi contro
l’influenza, perché è giovane e forte: non è del tutto vero.
In quei soggetti che, nei mesi invernali, facilmente incorrono in malattie
dell’apparato respiratorio, la vaccinazione è indicata al pari di bambini
e anziani.
- Il calciatore deve sempre allenarsi con le
calzature da calcio: vero in parte.
Per svolgere gli allenamenti atletici è indispensabile utilizzare calzature
adatte a tale scopo. Correre o eseguire balzi, nel contesto di un
allenamento atletico, può generare infiammazioni ai tendini se si
utilizzano le scarpe da calcio. Meglio perdere due minuti per cambiarsi che
incorrere in una tendinite.
- Il giocatore deve riposarsi durante la settimana
per essere fresco la domenica: falso.
Ormai non ci crede più quasi nessuno. È lavorando e faticando che si
costruiscono i risultati nello sport. Ovviamente, occorre una programmazione
logica per non incorrere in un affaticamento il giorno della partita, ma
guai a riposare completamente.
- Allenare la forza appesantisce e rende il
giocatore lento: falso.
La forza va allenata costantemente ma con criterio, il giocatore ne ha
bisogno per esprimersi al meglio e per prevenire gli infortuni.
Certamente non va allenato come un culturista, ma "tonificato"
attraverso un uso razionale della metodologia di allenamento della forza.
Non a caso i velocisti dell’atletica allenano la forza per diventare più
veloci. Certamente i giocatori non solleveranno centinaia di chili il giorno
prima della gara e non trascureranno di trasformare la forza in velocità
attraverso allenamenti specifici.
- Il calcio è lo stesso da anni: falso.
Qualsiasi sport di squadra si è evoluto tecnicamente, tatticamente e come
velocità di gioco. Il calcio non è differente.
Basta guardare il ritmo delle partite giocate negli anni ‘50 per
accorgersi della differenza rispetto a quello di oggi. Certamente, un
campione di allora, allenato con i metodi di oggi, emergerebbe alla stessa
stregua e sarebbe, comunque, un fuoriclasse.
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