Numerose
sono state in questi anni le discussioni, più o meno intense, sulla
personalità del body-builder.Nel panorama dei più diversi pareri,
ritengo di poter fornire una duplice interpretazione: sportiva e medica.
La
mia opinione è, innanzi tutto, il frutto di chi – da ex anoressico –
ha vissuto in modo “patologico” il proprio corpo, e dopo tanti anni si
ritrova a fare un lavoro d’ equìpe nel recupero psicofisico di
tante persone.
Il
body building è –a mio avviso- la valvola di sfogo, “di
protezione” per tutti coloro i quali –me incluso- si avvicinano a
questa splendida disciplina, e per essa sono disposti ai massimi
sacrifici!
In
questo senso, il BB è un modo di dare un equilibrio alla propria
personalità.
Grazie al
“ferro” , diciamolo pure, ciascuno realizza una nuova immagine di se:
un’immagine che dà sicurezza e sensazione di potenza, anche di
“superiorità”.CI sentiamo “super” e “godiamo” al confronto
con “gli altri”, rispetto ai quali ci poniamo spesso come modello da
seguire.
Ognuno di noi
indossa la propria “maschera”, e grazie ad essa bilancia le proprie
tensioni esterne ed interne. Il tutto è dettato da regole fisiologiche e
naturali, oggetto di studio di molte discipline che si occupano del
comportamento, della personalità e via dicendo.
In qui siamo nella
norma salubre. Ma quando il body
building diventa patologico? E’ difficile dare una risposta che non
offenda, in qualche modo, qualcuno di noi…
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Però, anziché sentircelo
dire dal solito studioso che non ha mai sollevato un peso in vita sua,
consentitemi di azzardare un’ipotesi. A mio parere, il BB assume
una deriva “patologica” quando diventa pratica ossessiva, ostinata,
asociale, illegale..!
Quando capiremo che
si “cresce” molto di più tempo fuori dalla palestra, e che è
fondamentale per la nostra interezza personale dedicarsi con altrettanta
passione alla propria cultura, agli affetti, al lavoro, ad altri hobbies
– solo allora, forse, comprenderemo anche i motivi che sono alla base
dell’attegiamento scostante degli “altri”. I quel momento, ci
renderemo conto delle cause per cui siamo ancora così poco capiti dal
mondo esterno, e del perché a forza di voler ostentare a tutti i costi ed
in modo statico la nostra fisicità – finiamo spesso per essere
considerati quasi degli “psicolabili”. E’ indispensabile quindi un
ridimensionamento di certi stereotipi – che personalmente ritengo
a-culturistici.
La mancanza di
conoscenza e di comunicazione è uno dei nostri maggiori avversari: non
tutto è come appare, e non tutto appare com’è! Per quanto mi concerne,
sono fermamente convinto che “essere” sia molto più importante che
“apparire” – nello sport, come nella vita.
Ciò significa
soprattutto capire e ammettere i propri errori, rimettersi costantemente
in discussione e, dopo aver tirato le somme, proseguire con umiltà quella
strada (la vita) che noi tutti percorriamo con un solo “pezzetto” di
verità in tasca.
Prof. Todde Responsabile Tecnico Scentifico
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